Stralci di un racconto scritto mesi fa. Non ho vinto il concorso a cui ho partecipato, ma e' stato sicuramente terapeutico "buttar fuori" qualche pensiero.
Che sapore ha il dolore? Non mi riferisco al dolore
fisico, ma a quello dell’anima. Ho letto da qualche parte che si puo’ morire di
crepacuore. Il cervello manda segnali negativi al cuore che, lentamente,
deteriora, fino a non essere in grado di svolgere nessuna funziona vitale. Chi
ha provato il vuoto lasciato dalla perdita di una persona cara, puo’ facilmente
comprenderlo.
A volte il dolore e’ talmente forte che si riesce a
percepire come entita’ a se stante. Si materializza
come un cappio intorno al collo che, diventando sempre piu’ stretto, ci
impedisce di ragionare. Sembra attorcigliare i nostri organi interni in una
morsa d’acciaio, annebbiando la vista e il nostro cervello.
E’ un pugno sferrato all’altezza dello stomaco,
diretto ed inaspettato, talmente potente da causare nausea e conati di vomito.
Non possiamo far altro che accasciarci a terra, aspettando un altro colpo,
perche’, anche se non conosciamo come e quando, sappiamo che la mano invisibile
che l’ha sferrato, non mostrera’ alcuna pieta’: continuera’ a colpirci, fino a
quando ci avra’ annientato.
E’ un muro di gomma in una stanza piena d’acqua, sul
quale cerchiamo inutilmente di aggrapparci, sapendo che in pochi secondi non
riusciremo piu’ a respirare.
E’ un rapace incattivito, che spunta dal nulla e si
diverte sadicamente a disegnare solchi di lacrime e sangue sul nostro viso.
E’ una corsa nel buio pesto. Pur non avendo una meta
predefinita, corriamo a perdifiato, poiche’ fermarci ci fa troppa paura. Continuamo
a cadere. Barcolliamo, siamo feriti. Percepiamo una presenza sinistra alle
nostre spalle. Sentiamo il calore del suo fiato sul collo. Nonostante sappiamo
che non potremmo mai avere la meglio, l’idea di voltarci e affrontarla, ci
terrorizza.
Il dolore che sto provando puo’ tramutarsi in diversi
stati d’animo: SOLITUDINE, RIMPIANTI, RABBIA, SENSI DI COLPA, NOSTALGIA,
ANGOSCIA. Sentimenti che a volte diventano cosi’ insistenti, da riuscire a far
affluire tutto il sangue e le energie rimaste verso il cervello. La mia testa,
colma di emozioni contrastanti, e’ sul punto di impazzire, mentre il resto del
corpo rimane inerme: insignificante e incapace di provare qualsiasi sensazione,
quasi volesse bilanciare il delirio che sta avvenendo nella mia mente.
Siamo esseri mortali, con deliri di onnipotenza.
Crediamo che per ogni problema, ci sia una soluzione. Davanti a qualsiasi
ostacolo o imprevisto, cerco di attivarmi, per permettere a me stessa di avere
un certo margine di scelta. Mi da’ sicurezza. Mi sento padrona del mio destino.
La morte e’ tutt’altra cosa. Non c’e’ scelta. Non c’e’
possibilita’ di dirigerla o modificarla in nessuna maniera. E’ un mostro
imbizzarrito che sfugge alla mia comprensione e
controllo. Vorrei agguantarlo per il collo e rimandarlo a calci da dove
e’ venuto, ma e’ come una voraggine, che non fa altro che lasciare distruzione.
Ci
sono persone che non devono parlare molto, per indirizzarci nella direzione
giusta. Sanno essere presenti, senza mai cercare di prendere le
redini della vita altrui. Su questo principio voglio improntare il rapporto con i
miei figli: esserci come guida, laddove sia richiesta, ma mai imposta.
Insegnero’ loro che non bisogna prendersi troppo sul
serio e che non c’e’ nulla di male nell’ intraprendere un viaggio diverso da
quello degli altri. La felicita’ non e’ comformarsi alla massa che ci sta
intorno. A volte, il suo raggiungimento comporta dei sacrifici, di cui potremmo
pentirci in futuro, ma amare incondizionatamente, vuole dire anche questo.
Solo cosi’, tramandando gli insegnamenti che ho
ricevuto ai miei bambini, vedro’ il suo riflesso nei loro occhi curiosi.
L’impatto che abbiamo sulla vita delle persone che
amiamo, sopravvivera’ alla malattia, alla lontananza e alle incomprensioni. Ci
sono persone che, pur non essendo fisicamente presenti, lasciano un’impronta
duratura nella nostra nostra anima, nel bene e nel male.
Io mi auguro che i miei figli in eta’ adulta, siano
orgogliosi degli uomini che saranno diventati e che percepiscano parte di me in
loro, perche’ solo cosi’ sapro’ che la mia vita ha avuto un senso.
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