martedì 26 maggio 2015

Una lettera dall'Africa

Dopo tanti mesi di silenzio, la scorsa settimana ho finalmente ricevuto un'email da una dottoressa volontaria in Africa.
Non citero' il suo nome ne' la nazione in cui risiede, in quanto potrebbe essere l'esperienza di qualsiasi missionario, testimone a suo malgrado delle atrocita' in uno dei tanti paesi coinvolti nella guerra civile.
Ha descritto con fredda lucidita' episodi di violenza inaudita nei confronti di mamme e bambini (a volte non ancora venuti al mondo). Il suo racconto e' talmente macabro da non riuscire a riportarlo in questo blog. E' stato un pugno nello stomaco. Sono esperienze di persone normali, come la mia amica, le quali hanno deciso di dedicare la loro vita agli altri, agli inetti, ai dimenticati, agli ultimi.
Queste atrocita' sono avvenute sotto gli occhi indifferenti dei soldati europei, magari gli stessi per cui si spreca la parola "eroe" al loro ritorno in patria. "Missioni di pace"? Non credo proprio sia la definizione esatta. Missione di connivenza e' forse piu' opportuno. Il non-intervento davanti a tali crimini rende i soldati ancora piu' codardi di coloro che li commettono attivamente.
Persone come la mia amica dottoressa sono i veri eroi, ma in quanto tali, fuggono dagli onori della cronaca.
Mi sono ritrovata spesso a pensare a quell'email. La sera, prima di addormentarmi. Guardo Barabino 3 accanto al mio letto, mentre ascolto i fratelli scambiarsi gli ultimi pensieri della giornata. Improvvisamente mi sento la persona piu' fortunata del mondo, per il semplice fatto di essere in grado di abbracciare, coccolare e nutrire i miei piccoli. Un diritto che e' stato negato a molte mamme in paesi non cosi' lontanti dal nostro.


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